Piume
È successo all’improvviso.
Una persona a cui voglio molto bene,
non giovane ma nemmeno troppo in là con gli anni, è stata ricoverata.
Ero andata a trovarla qualche giorno prima e, come sempre, aveva la camicia scozzese con i bottoni saltati e le maniche arrotolate.
Come sempre mi ha sorriso, il viso abbronzato di chi vive più fuori che dentro, e sulla pelle tutto il sole che c’è.
Tempo zero e avevo tra le braccia il profumo dell’uva fragola, un sacchetto di castagne “Sono le prime eh” e sei uova avvolte nelle pagine di Torino Cronaca.
Volevo posare tutto e abbracciarlo e basta.
Dirgli quanto fosse importante per me.
Ho mosso appena le labbra ma non ho detto niente perché lui mi ha preso per mano e mi ha portata in giardino, gli occhi scintillanti di gioia.
“Guarda, guarda che meraviglia” mi ha detto indicando un recinto piuttosto movimentato.
“Alla fine le hai riprese eh? Avevi detto che non le volevi più…”
Ho osservato le nuove arrivate, creste, piume, zampe, becchi.
Sembravano felici proprio come lui.
“Eh. Ma non ho saputo resistere. Ogni volta che passavo di qui e vedevo il pollaio vuoto mi si stringeva il cuore. E poi guarda, non sono bellissime? Le ho pagate sette euro e cinquanta l’una sai?” Mi ha detto orgoglioso.
Ho sorriso. Ho mangiato l’uva fragola. Ho sistemato le castagne e le uova.
Poi ho avuto la notizia.
Sono andata in ospedale qualche giorno dopo.
La camicia scozzese non c’era più. Nemmeno il calore del sole.
C’era odore di disinfettante, di.dolore e mela schiacciata.
Mi ha guardato come se non capisse bene chi fossi. Poi lo ha capito.
Gli ho accarezzato la mano.
Mi ha detto piano “È tanto che non ci vediamo”
“Ma no. Sono venuta sabato, non ti ricordi?”
Ha scosso la testa, gli occhi vuoti come la memoria.
Io ho distolto lo sguardo; per distrarre la sofferenza ho richiuso il fruttino alla mela lasciato a metà sul tavolino. E mentre allontanavo quell’odore me ne è venuto in mente un altro, buono, di felicità e uva fragola.
Allora ho detto “Ma sì. Dai che ti ricordi. Mi hai fatto vedere le galline, quelle nuove…”
Qualcosa si è mosso. Occhi e memoria.
Creste, piume, zampe, becchi.
Luce che tornava.
“Le galline, sì! Ma lo sai che le ho prese di nuovo? Eh, cosa vuoi, ogni volta che passavo dal pollaio e lo vedevo vuoto mi si spezzava il cuore…”
Ho annuito in silenzio per non incrinare il ricordo.
“Ah, te le devo proprio far vedere. Sono una meraviglia. Oh, sette euro e cinquanta l’una, le ho pagate eh…”
E siamo rimasti lì, con la gioia nel cuore, a parlare di galline.
E delle castagne che mangeremo presto.
Molto presto.
Immagine: Tanya Kooji

Monica Coppola, nata nel 1974 a Torino, ha pubblicato il romanzo “Viola, vertigini e vaniglia” (BookSalad, 2015), “La misura imperfetta del tempo” (Las Vegas edizioni, 2019) e ha curato l’antologia “Dai un morso chi vuoi tu” (BookSalad, 2016). Ha scritto racconti per “La Repubblica – L’Espresso” e “Carie“, e collaborato con il blog “Vanity Fair“. Si occupa di marketing e formazione.