Il mio nome è parola
Il mio nome è parola, un nome comune, femminile, semplice, ma proprio questo essere comune, di tutti, lo rende soggetto a numerosi mutamenti. Può diventare neutro o perfino maschile, può cambiare suono e grafia a seconda di chi mi usa e dove.
Però le variazioni non saranno mai tante quanti gli echi che produco nel momento in cui esco.
La mia vita è appena sufficiente per raccontare la mia storia che molti non conoscono, ma che importa! non a tutti interessa, l’importante è potermi usare, l’importante è che io non manchi.
Sono nata a fatica, dopo una lunga gestazione fatta di silenzi, sguardi, emissioni indistinte di voci, gesti.
Mi hanno fatto da levatrice disegni su pietra ed espressioni di volti.
Dopo la mia nascita vi fu un giubileo di suoni, mentre molti corpi si raccoglievano intorno a me che saltavo da una bocca all’altra provocando urla, riso, pianto.
Pian piano mi hanno educata, dato delle regole, insegnato a scrivermi, a quel punto mi hanno concesso la licenza di infrangere certe regole, ed ho deciso di vestirmi da poesia.
Il mio potere intanto cresceva sempre più ed io mi sono ingrassata di prefissi e suffissi, trovandomi, così, piena di significati, ricordi e riferimenti. Ho acquisito molte competenze, dalla pragmatica alla metafisica, e da me hanno cominciato a dipendere presupposti ed implicazioni, tanto che ho la facoltà di dettar legge.
Al mio seguito si sono accodate moltitudini di parole, vecchie o nuove, con le quali ho stretto forti legami, di solito andiamo molto d’accordo insieme e procediamo composte, anche se spesso bisticciamo.
Siamo sempre più numerose a portare questo nome che per ricordarsi di noi ci hanno messe in ordine alfabetico e trascritte secondo precise regole di dizione. Ma guai a fermarsi lì, chi si ferma è perduta.
Io preferisco vagabondare, ora in una mente, ora su una bocca, pensata, detta, scritta o anche solo accennata, mi piace cambiar posto, nord, sud, est e ovest, il mondo è mio e solo così mi sento viva.
Il rischio di sentirmi negare la libertà è sempre incombente, eppure cerco la sfida. Mi è capitato di trovarmi immobilizzata ed ho sofferto molto o, peggio ancora, inchiodata a un significato, e sono morta. Non dimenticherò mai di aver visto anche corpi morire dopo essere rimasta senza libertà.
In certi casi mi bloccano prima di scalare le corde vocali perché sanno che potrei combinare danni enormi. Se non fanno in tempo a trattenermi, altre parole inferocite mi rincorrono, ma ormai è troppo tardi perché ho già cominciato ad agire.
Se ho voglia di far dispetti sono io che mi incollo sulla punta della lingua ed esco solo quando lo decido, anche dopo molte ore.
Ho delle capacità di cui io stessa mi stupisco, sono trasformista, sfaccettata, eclettica, posso essere ambigua, tagliente, spudorata e persino non veritiera, ma non è tutta colpa mia, è colpa di chi mi elabora ai fini di piegare tutto alle sue esigenze, di chi mi usa pensando a qualcosa di diverso da me.
Non di rado mi hanno indotta a scatenare guerre civili, anzi mondiali, trasformandomi in orrore.
Spesso qualcuno mi usa come pegno ma poi non mi mantiene, e io scappo.
Qualcun altro mi tiene stretta dentro le sue profondità, per un periodo o per tutta la vita, io mi arrampico fino alla finestra dei suoi occhi, ma non sempre riesco a farmi scorgere perché sono spenti.
Una delle cose peggiori è scoprire che certi padiglioni auricolari sono volutamente chiusi per non lasciarmi entrare, allora non vale la pena insistere, sarebbe come rincorrere il vento. Una volta per esempio mi trovai sotto forma di supplica e non riuscii a farmi aprire, fu una disperazione. Una volta invece mi trovai sotto forma di malinteso e sarebbe stato meglio per tutti se non fossi entrata.
Mi è capitato di scaturire reazioni del tutto opposte pur rimanendo la stessa, forse ero uscita accompagnata da toni diversi, forse ero entrata in menti contorte.
Io manco all’animale, all’emozione e all’afasia, almeno così si dice, in realtà mi celo dietro molti travestimenti: da coda che scodinzola, da occhi lucidi, da mano tremante. Chi imparara a riconoscermi può capire molte cose importanti della vita.
In certe occasioni mi sento volgare, infatti noto che provoco sdegno. Mi capita di essere cupa e faccio piangere, se invece mi sento spiritosa, ridondante di buonumore, vedo davanti a me sorrisi e ascolto risate sonore, credo che dipenda dalla luna.
Mi basta essere “amore”, o “piacere”, o anche solo un “sì” emesso al momento giusto e vedo scatenarsi la stessa gioia che provo io nell’udire vivaci note musicali.
Uno dei momenti più belli per me? quando, dopo aver vagato nuda e cruda in una giovane mente, fuoriesco in un balbettìo e mi scambio subito con il bacio di una madre.

Sono nata a Venezia e finora resisto all’esodo dei veneziani; lavoro con i numeri, ma ho smesso di contare i miei anni; mi diverto con le parole, i disegni e le fotografie, li combino per raccontare qualche storia, vera o inventata non importa. Ho partecipato con alcuni racconti agli esperimenti di scrittura e di illustrazione del CPIA Venezia, che da cinque anni Damocle Edizioni ci stampa con la sua raffinatezza.