Brooklyn nelle mappe e nella letteratura
È del Brooklyn Magazine l’idea di pubblicare una mappa letteraria degli Stati Uniti con l’indicazione delle destinazioni più rappresentative insieme ai loro romanzi. Una lista spalmata su un territorio vasto che però, con un solo colpo d’occhio, ci fa vedere nel dettaglio finzione e realtà, i luoghi, e i libri che di questi luoghi ci raccontano.
Niente come una mappa letteraria può infatti evocare il modo così nitido lo spirito di un luogo. C’è comunque da dire che una simile rappresentazione appartiene a un genere di cartografia particolare, per il semplice fatto che illustrare il territorio è già di per sé un compito complesso, ma combinare la capacità evocativa con l’esigenza di essere il più possibile precisi è una vera impresa.
Per portare un esempio, pensiamo solo a quanto possa essere arduo maneggiare il Paese delle fate o la Terra di Oz o la terra di mezzo di Tolkien. Ma anche posti reali dove sono ambientati i classici della letteratura: come La Mancia, o i paesaggi di Haruki Murakami, veri e propri fili sospesi tra la realtà e l’assurdo; come gli Oceani, o i Mari – un Mediterraneo non ben identificato e potente è, ad esempio, quello diPredrag Matvejevićin cui si trovano in apparente disordine notizie che percorrono la storia e i popoli (Egizi, Fenici, Greci, Romani, Arabi, Veneziani), i paesi che toccano il Mediterraneo, ma anche quelli che ne percepiscono solo il vento o l’odore:
È difficile conoscere l’intero Mediterraneo. Alcuni naviganti prima o poi tornano, gli altri partono per sempre. Si distinguono le navigazioni dopo le quali guardiamo le cose in modo differente, in particolare quelle dopo le quali vediamo diversamente anche il nostro passato, e persino il mare. Tali percorsi stanno all’inizio e alla fine di ogni racconto sul Mediterraneo.
Ma veniamo alla mappa di oggi: Brooklyn e la sua letteratura, ovvero la rappresentazione contestualizzata nello spazio del quartiere di alcuni tra gli innumerevoli resoconti che ne hanno esaltato le molteplici sfaccettature.
In essa troviamo romanzi, saggi e opere di poesia che accompagnano il lettore nel tempo lungo un tracciato multiforme fatto di memoria, arte, miseria, rinascita, vita vera e dettagli minuziosi in grado di trasportarci letteralmente sulla scena. Risulta chiaro, anche dalla lettura dei pochi testi evidenziati con cui ci siamo intrattenuti, che Brooklyn è fin dai suoi albori una moltitudine complessa, istintiva e organizzata, pragmatica e spirituale a cui scrittori e poeti hanno finito per dedicarsi anima e corpo, e che le ragioni segrete che hanno portato gli uomini a vivere in quel modo del tutto particolare che contraddistingue il quartiere hanno concesso agli abitanti di sopravvivere a tutte le crisi. Ci piace ricordare alcuni brani che ci hanno particolarmente colpito, come l’odore pervasivo dei canali, emblematico del rapporto di Brooklyn con le sue acque:
“It is the old Gowanus Canal, and that aroma you speak of is nothing but the huge symphonic sink of…there is in it not only the noisome stenches of a stagnant sewer, but also the smells of melted glue, burned rubber, and smoldering rags…deceased, decaying cats, old tomatoes, rotten cabbage, and prehistoric eggs.”(Gowanus: T. Wolfe, Of Time and the River.)
O il sogno di Coney Island:
“It was evening and the lights were just going up along Surf Avenue: a million electric bulbs spinning a soft, yellow gauze over the beach and parks…The City of Fire was coming to life.”(Coney Island: K. Baker, Dreamland.)
La magìa di Williamsburg:
“There’s no other place like it.”
“Like what?”
“Brooklyn! It’s a magic city and it isn’t real.” (Williamsburg: B. Smith, A Tree Grows in Brooklyn.)
La routine di tutti i giorni e le innumerevoli attività che si dispiegano lungo le strade:
“Amy paid her bill, overtipping as usual, then gathered her things and started walking back to the office. On the way; she passed Peas and Pickles, the twenty-four-hour Korean greengrocer with gourmet pretensions that had sprung up to cater to the employees of businesses like Yidster.” (Dumbo: E. Gould, Friendship.)
E ancora, la ricerca del definitivo a Park Slope:
“I was looking for a quiet place to die.” (Park Slope: P. Auster, The Brooklyn Follies.)
Nel complesso, i diversi resoconti di Brooklyn rintracciano così tante tipologie di paesaggio che uno rischia di perdercisi dentro: marciapiedi brulicanti, insegne al neon, case fatiscenti, traffico insostenibile, automobili posteggiate in parcheggi improbabili, terreni ricoperti di erba alta e di cisterne, sottopassaggi inondati di luce o tunnel oscuri, graffiti messianici, vetrine stravaganti, recinzioni senza fine in rete metallica con bivacchi lungo i bordi e, insieme, immagini di normale quotidianità. Mondi paralleli e apparentemente scollati che però scopriamo uniti da un fil rouge: una corale allegria di fondo che trasforma il quartiere in un universo dove è bello con-vivere nonostante le contraddizioni, ed è questo in definitiva il tratto più emozionante.
La geografia d’altronde insegna che i luoghi esistono solo ed esclusivamente dove si tessono relazioni sociali. E se poi di queste relazioni si racconta e si scrive, se ne fa letteratura, il luogo si ridisegna e si arricchisce di volta in volta nell’immaginario collettivo. I romanzi sulla nostra mappa fanno proprio questo: offrono in scala narrativa un distillato di quanto ha contribuito a rappresentare il quartiere oltre i suoi cliché, con uno sguardo distaccato e sempre amorevole all’incessante ricerca di quel segno capace di evocare un innamoramento per Brooklyn malgrado Brooklyn:
“there was a sky somewhere above the tops of the buildings, with stars and a moon and all the things there are in a sky, but they were content to think of the distant street lights as planets and stars. If the lights prevented you from seeing the heavens, then preform a little magic and change reality to fit the need. The street lights were now plants and stars and moon.”(Bay Ridge: Hubert Selby Jr., Requiem for a Dream.)
Immagini: Sarah Lutkenhaus

Legge sempre, insegna e traduce l’inglese. Nella sua precedente vita ha pubblicato saggi in ambito accademico tra cui Geografie letterarie (Meltemi). Alcuni dei suoi racconti sono contenuti in raccolte e riviste nazionali.